domenica 6 luglio 2014

Si fa presto a dire Longitudine

Come si è arrivati a misurare la Longitudine


Come ben saprete, per individuare esattamente la propria posizione sulla Terra, occorre conoscere due valori: Latitudine e Longitudine. E lo si sa da millenni.
Con queste due coordinate si riesce, come una battaglia navale, a segnare la propria posizione molto semplicemente.

Oggi è molto facile ricavarli, basta un GPS dei telefonini da pochi euro. Molto semplice, anche se dietro c'è un complessissimo e costoso sistema di satelliti artificiali, algoritmi matematici ed apparecchi ricevitori sofisticati.

Ma come ci si è arrivati?

Già dai tempi dei Fenici si conosceva e misurava la Latitudine osservando l'altezza del Sole a mezzogiorno, semplicemente contando il numero di dita tra l'orizzonte ed il sole, oppure di notte l'altezza della stella polare.
Utilissima per i primi marinai che riuscivano, in un mare relativamente piccolo come il Mediterraneo, a sfruttarla come aiuto per le loro navigazioni.
Conoscevano bene gli estremi della Latitudine ed assegnarono 0 all'Equatore e 90 al polo nord.


Invece la Longitudine è sempre stata difficile da misurare. Ci si era resi conto che man mano che di spostava ad Ovest il mezzogiorno arrivava sempre più tardi (oppure verso Est, arrivava prima)
Si aveva, sulla terraferma una idea di queste linee ideali, non molto precisa.
Infatti quando Eratostene stimò la misura del raggio della terra, misurò la lunghezza dell'ombra a mezzogiorno, in due punti a latitudine diversa, ma con la stessa longitudine: Alessandria e Assuan.
La misura risultò molto precisa, e l'errore di soli 500 km su 40mila era dovuto principalmente proprio al fatto che Alessandria ed Assuan non sono esattamente sulla stessa Longitudine.

Dopo la scoperta dell'America, sono cominciati i viaggi oceanici, dove l'assenza di riferimenti alla linea costiera, rende il viaggio molto complesso, specie ritrovare le isole come le Azzorre dove fare rifornimento di acqua potabile e verdure fresche per non morire disidratati o di scorbuto.

Come facevano i marinai a non perdersi nel vastissimo oceano?

Si muovevano sostanzialmente lungo i paralleli, tenendo sott'occhio cioè l'altezza delle stelle per mantenere la latitudine fissa.
In questo modo si arrivava alla meta, senz'altro non percorrendo le rotte più efficienti, ma soprattutto con un grosso inconveniente: malgrado l'oceano vastissimo, c'erano di fatto poche rotte percorribili, dove si affollavano le carovane di galeoni e di... corsari!

La rotta di Colombo nel suo primo viaggio

Dal '500 è diventato più pressante il problema del calcolo dell Longitudine per permettere viaggi sicuri ed efficienti. Ci si sono cimentati tantissimi scienziati, da Galileo a Newton e moltissimi altri. Per secoli.

Tanto che sia arriva nel 1714 quando il governo inglese promulgò il Logitude Act con il quale prometteva una ricompensa faraonica a chiunque trovasse un metodo per ricavare la longitudine in barca.

Torniamo al Cinquecento, presto si sono identificate nella caccia al meridiano, due strategie:

  • La via astronomica
  • La misura del tempo



La via delle stelle

Galileo, Giove e le sue lune
Una prima soluzione astronomica prevedeva la misura della posizione della Luna rispetto alle stelle, ma il metodo era troppo rozzo ed impreciso.
Galileo Galilei, il primo dei grandi a scendere in campo, col suo cannocchiale osserva le lune di Giove. Si accorge che scorrono con regolarità. Osservando il movimento delle lune e con una serie di calcoli  si riusciva a stimare la longitudine. Metodo ottimo, ma poco praticabile in barca. Galileo provvide a progettare una specie di casco che permettesse di aiutare ad inquadrare Giove, ma in barca si "balla" troppo e non si riescono a compiere calcoli precisi.

La via astronomica di Galileo si è molto affinata in seguito permettendo di ricavare misure molto precise della longitudine, ma a terra. Le mappe furono tutte corrette alla luce delle nuove misure precise. Ai tempi di Luigi XIV si rimisurò la Francia e si scoprì che era più piccola di quanto si credesse, tanto che il Re disse "Gli astronomi mi hanno sottratto più territori di tutti i miei nemici in guerra!"
Ha avuto anche conseguenze, con misure sempre più precise ci si è accorti che le eclissi delle lune di Giove tendevano ad anticipare o ritardare nel momento in cui Giove era vicino oppure lontano dalla Terra: dipendeva dalla velocità della luce! Così ci fu una prima stima della velocità con cui propaga la luce.

Rimaneva impraticabile ancora la via delle lune di Giove, ma piano piano si cercava di confrontare la posizione della Luna rispetto alle stelle "fisse". Misura resa difficile dalla imprevedibilità della posizione della Luna. Grazie al modello astronomico di Isaac Newton si cominciò a stimare e prevedere la posizione relativa Terra, Luna e Sole, espressa con eleganti equazioni di Leonhard Eulero.



Così si arriva, dopo decenni di misure su misure delle posizioni delle stelle e della Luna, registrate in osservatori astronomici fatti costruire proprio a tali scopi, come l'osservatorio di Greenwich, alla pubblicazione di Almanacchi della posizione delle stelle e della luna ad uso dei marinai, con tabelle di Effemeridi che andavano aggiornate periodicamente, perché valide solo in certi anni.


L'orologio

Il pisano Galileo ha dato il suo contributo anche per la soluzione con gli orologi, facendo studi sul moto dei pendoli da utilizzare per la misura del tempo. Poi meglio sviluppati dal'Olandese Christiaan Huygens. Grazie ad un orologio preciso si poteva misurare la longitudine confrontando il mezzogiorno solare (quando il sole è al punto massimo) con il mezzogiorno dell'orologio: infatti ad ogni 4 minuti di differenza tra le due suddette ore, corrisponde un grado di Longitudine.
Il problema dell'orologio a pendolo è che in mare, con lo sballottamento, perde di regolarità. In mare i cambi di temperatura e umidità fanno dilatare o restringere i metalli e la regolarità va a farsi benedire.

In questo campo una grandissima spinta fu dovuta al solitario John Harrison, un falegname autodidatta che introdusse tantissime innovazioni, alla ricerca dell'orologio più preciso possibile, poco sensibile ai movimenti ed alle dure sollecitazioni della vita in mare.

Con cinquant'anni e più di attività di ricerca riuscì a creare degli orologi la cui precisione andava ben oltre quella degli orologi comuni, ed alla fine sufficiente ad aiutare i marinai.

I modelli che produsse Harrison furono nominati H1, H2, H3, H4 e l'ultimo H5. Prodotti in una vita di attività di ricerca, come modelli unici, costosissimi ma capostipiti di generazioni di altri cronometri.

La sfida per il premio

Il ricchissimo premio del Longitude Act faceva gola a tutti, per tanto la lotta per accaparrarselo è stata sempre dura, specie per gli "orologiai" visto che la commissione era composta da astronomi, alcuni dei quali erano anche portatori di soluzioni concorrenti. Si possono comprendere così le grandi difficoltà ed ostacoli che John Harrison dovette subire prima di vedere accettato, seppur parzialmente, la sua sudata soluzione quando ormai era anziano e più che ottantenne. Alla lunga, anzi lunghissima, è riuscito finalmente a prevalere.

Il Capitano Cook

Il famoso capitano inglese, navigatore dei mari del Sud, fu uno dei primi a voler sperimentare la tecnica degli orologi, confrontando decine Cronometri con le tabelle degli Almanacchi Nautici. Grande entusiasmo da parte sua, dichiarò apertamente la superiorità, praticità e affidabilità degli orologi.
Così si dette l'avvio alla creazione di cronometri che fossero precisi ma anche con costi affrontabili dalle compagnie di navigazione.

Grazie a questi cronometri gli inglesi poterono navigare con assoluta padronanza dei mari, diventando la potenza internazionale dominante nell'Ottocento.


Riferimenti:

Sobel Dava - "Longitudine - Come un genio solitario cambiò la storia della navigazione" , BUR










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